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Non ti ho sognata spesso nel corso di questi anni, forse soltanto cinque, sei volte, non di più.
Mi è rimasto il ricordo di una donna dolce e forte allo stesso tempo, provata dai dolori e dalle mani di un uomo che non conosceva altro modo per apparire forte se non quello di imporle su di te, su di me, con tutta la forza che la rabbia del fallimento generava in lui.
Hai pagato il tuo amore ad un prezzo troppo alto ma la giustizia divina ha tirato le somme pareggiando i conti.
Te ne sei andata un mattino, all’alba. Era il giorno di Pasqua del 1984 ed in quel giorno tu hai chiuso gli occhi per non riaprirli mai più.

Paradossalmente ho trovato, nell’immenso dolore lasciatomi dalla tua scomparsa, il sollievo. Si chiudeva un’era, un incubo aveva trovato la fine lasciando soltanto eco lontane di un pianto sempre più flebile. 

Non eri tu la causa, no, ma nei miei pensieri di piccola donna cresciuta in fretta lo stavi diventando. Ormai la figura di quell’ uomo aveva perso ogni significato, il mio silenzio lo annientava, l’assenza di reazioni gli impediva di trovare sfogo alle sue mille frustrazioni. 

Ma tu non tacevi, nemmeno di fronte alla violenza. Tacitamente ci scambiavamo i ruoli, a seconda degli umori quotidiani. Se tu tacevi era la mia voce a parlare per te, se tu parlavi i miei occhi ti imploravano il silenzio, occhi che non volevano assistere a repliche di uragani casalinghi, mura sottili che non potevano nascondere il compiersi di tante tragedie. Ma i nostri muri non avevano orecchie e la tua dignità di donna e moglie (o forse era solo omertà) faceva in modo che nulla trasparisse.


Nascondevi segreti e lividi dietro un paio di occhiali da sole.
Ricordo i tuoi abiti acquistati al mercato per pochi soldi, ricordo le tue lacrime davanti al Direttore del supermercato quando ti sorprese con la borsetta piena di quella che sarebbe stata la nostra cena.

 Ma ricordo anche i tuoi sorrisi, la tua carezza dolce tra i capelli, i brevi sonni dopo pranzo quando mi rannicchiavo accanto a te in cerca della tua mano. Mi è rimasto, sai, quel bisogno di carezze tra i capelli, ancora mi capita di sentire le tue dita se chiudo gli occhi e ti penso ma l’immagine del tuo volto è così sbiadita. Forse non voglio ricordarti,non voglio ricordare i tuoi occhi nerissimi e mobili, furbi e tristi.


Ancora…ricordo la tua voce dai toni alti, le canzoni che cantavi. Ti vedo mentre ti trucchi, davanti allo specchio della camera da letto ed io, bambina dolcemente irriverente dietro di te, ti faccio il verso.
Ma sono ricordi lontanissimi. Da un certo punto in avanti mi sono allontanata, non riuscivo più a dimostrarti il mio amore, covavo rabbia nei tuoi confronti. Mi chiedevo cosa ti tenesse legata ad una vita simile, mi chiedevo come fosse possibile che tu permettessi al padre delle tue figlie, a tuo marito di tenere in pugno quattro vite. 

Crescendo ho creduto di aver compreso il perché racchiudendolo in una sola parola: amore. Ma non ti ho mai giustificata, forse non ti ho mai perdonata e mai potrò perdonare dentro me la tua passività. Il tuo non era amore, era paura.


Guardo la tua foto, ogni tanto ti parlo. Poche parole, qualche pensiero veloce. Una certezza: mai permetterò che figli generati da un atto d’amore corrano il rischio di non saper distinguere dove finisce il bene e dove comincia il male.

L ‘ho imparato da sola, sulla mia pelle. Col trascorrere degli anni, i labili confini sono divenuti nette linee di demarcazione.


Ho ancora bisogno di te ma la vita mi ha insegnato a fare a meno della tua presenza. Tante volte ti ho chiamata, tante volte ti ho cercata tra i volti della gente ma vedi, la morte fisica porta alla rassegnazione, all’accettazione dell’evento in quanto ad essa non c’è rimedio. Il bisogno si stempera nei fastidi quotidiani.


Avrei voluto regalarti una vecchiaia serena. Ti vedo a volte, nei miei sogni ad occhi aperti, vedova tranquilla. Avrei voluto parlare con te da donna a donna e regalarti un abito nuovo ed una nuova borsetta. Ed un angolo di cielo azzurro tutto per te.


Sì, ogni tanto mi manchi, ogni tanto ho ancora bisogno di mia madre.
So che ci sei, ti sento dietro le mie spalle e se mi volto ti vedo.
E ti sorrido.